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19 Ottobre 2015

Immigrazione o Emigrazione?

Titoli di giornali e lanci di telegiornali martellano da mesi sull’immigrazione di genti provenienti da teatri di guerra o più credibilmente poveri. Ci dobbiamo preoccupare? Che tipo di immigrazione è, vista dal punto di vista professionale?
Si ci dobbiamo preoccupare ma non tanto per questa immigrazione, professionalmente di basso profilo, i famosi lavori che gli Italiani non vogliono più fare, anche e solo perché la maggior parte di questi immigrati transitano dal Belpaese alla volta dei freddi accoglienti paesi nordici.
Ci dobbiamo preoccupare non tanto per l’immigrazione ma per un altro aspetto, trattato marginalmente, probabilmente non fa audience! Molti brillanti, e anche meno brillanti, giovani laureati italiani, al termine del loro percorso universitario rivolgono la loro attenzione e le loro prime ricerche direttamente verso l’estero. Germania e Inghilterra in primis.
Questo fenomeno per chi si occupa di ricerca e selezione è noto, e già da qualche anno. Da un lato i neolaureati italiani hanno una formazione più teorica che pratica e le aziende non hanno le possibilità di percorsi realmente professionalizzanti. Ma soprattutto i nostri laureati impattano con un mondo del lavoro che offre pochissime interessanti opportunità. Capita di vedere curriculum con tre o quattro esperienze di stage, slegate le une dalle altre, senza un filo logico. Pare che ci si illuda che basta entrare nel mondo del lavoro poi la strada si troverà. In realtà per trovare la propria strada bisognerebbe sapere prima dove si vuole arrivare.
Ma per amor di onestà la responsabilità non è solo del sistema universitario italiano, poco intrecciato con il tessuto industriale e produttivo italiano.
La dimensioni delle aziende italiane, mediamente piccole, la loro territorialità poco internazionale, la presenza di un imprenditore con i propri uomini di fiducia, in quelle posizioni da molti anni, forse da sempre, i processi tecnologici vetusti, l’innovazione poco presente e l’organizzazione aziendale un po’ datata e fortemente centralizzata, rendono semplicemente queste realtà non interessate a questi nuovi neolaureati e poco attrattive verso essi stessi. Ovviamente ci sono delle importanti realtà che si muovono in controtendenza e che sono in grado di assorbire i nostri laureati e garantir loro percorsi interessanti e attrattivi. Ma la realtà è che per una mosca bianca ce ne sono varie altre nere che non sanno parlare la stessa lingua dei nostri giovani laureati, ed anche se la conoscessero non saprebbero di cosa parlare.
Si siamo terra di immigrazione, per lo più di passaggio, ma sotto il profilo del mondo di lavoro, molti nostri ragazzi brillanti, laureati e motivati non trovano possibilità di carriere interessanti e sbocchi lavorativi nel mondo industriale e dei servizi italiani. E guardano altrove. Un’emigrazione 2.0. Che ci sta impoverendo come sistema paese.

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