
L’intelligenza artificiale si fa largo anche nel reclutamento
Gli addetti alla selezione del personale la stanno usando sempre di più per sopperire alla difficoltà di trovare candidati qualificati. Ma il contatto umano resta fondamentale
Il panorama sociale e lavorativo attuale sta attraversando una fase di cambiamento, accelerato dalla rapida ascesa dell’IA-Intelligenza artificiale. Sempre più spesso, infatti, un curriculum deve prima convincere sofisticati algoritmi e, solo in un secondo momento, chi si occupa di selezione del personale. Non solo: secondo i dati condivisi dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, il 26% di chi cerca lavoro utilizza l’IA per candidarsi a una posizione aperta.
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Un futuro promettente, se resta “umano”
In un mondo nel quale la tecnologia corre molto veloce, l’intelligenza artificiale sta rappresentando un alleato prezioso per chi si occupa di risorse umane. Gli Hr manager, infatti, si sono resi conto che l’Ia non solo semplifica il processo di reclutamento, ma può addirittura migliorare la qualità delle assunzioni. «Dobbiamo – precisa Emanuele Franza, Branches Development Director di Hunters Group – per prima cosa fare una precisazione importantissima: l’Ia non sostituirà i consulenti Hr, i direttori delle risorse umane e chi si occupa di ricerca selezione, ma potrà (e in realtà lo sta già facendo) dare un grande supporto grazie a strumenti in grado di analizzare i cv, identificare i candidati più adatti e, in alcuni casi, condurre interviste preliminari. Tutte operazioni routinarie che possono essere affidate ai robot per permettere ai recruiter di concentrarsi su aspetti più strategici del processo di assunzione, come ad esempio l’indagine motivazionale o il processo di onboarding delle risorse». Tuttavia, tutte le persone hanno dei pregiudizi inconsci (per esempio siamo portati a “preferire” una persona che ha frequentato la nostra stessa Università o che ha un percorso di carriera più in linea con le nostre) che possono rendere meno obiettiva la valutazione di un cv o di un colloquio di lavoro. Grazie alla tecnologia, però, è possibile ridurre questi bias inconsci, garantendo che le decisioni di assunzione siano basate su dati oggettivi piuttosto che su impressioni soggettive, favorendo in questo modo una maggiore diversità e una maggiore inclusione all’interno delle organizzazioni e promuovendo ambienti di lavoro più equi.
«La tecnologia – aggiunge Franza – aiuta a ridurre al minimo gli errori in fase di selezione. Assumere la risorsa sbagliata, infatti, può essere molto costoso, in termini economici, di tempo e di energie. Secondo alcune analisi elaborate da Hunters Group, commettere un errore di questo genere potrebbe addirittura costare parecchio, fino alla metà della retribuzione annua lorda. Ma il problema, purtroppo, non è solo economico perché una risorsa non adeguata ha impatti anche sul clima aziendale. Anche in Hunters Group stiamo implementando una soluzione software che abbatterà i tempi di selezione e ricerca di personale, ma maggiori informazioni le potremo fornire a processo completato».
I software specializzati permettono certamente di velocizzare e digitalizzare un numero sempre maggiore di attività, ma la tecnologia da sola non può bastare. La ricerca e selezione del personale, infatti, è un processo estremamente articolato e complesso nel quale entrano in gioco una moltitudine di variabili diverse che una macchina non può certo gestire in modo autonomo. Non dimentichiamo, infine, che, per quanto intelligenti, le macchine non possono “pensare” se una persona non inserisce il relativo input.
Attrarre e trattenere talenti è la vera sfida di tutte le aziende, soprattutto in un momento complicato e ricco di incertezze come quello attuale, segnato dalle guerre, la crisi economica e l’annuncio dei dazi americani.
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