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04 Agosto 2023

Un lavoro ai detenuti: il career day di Seconda Chance e Hunters Group

Un progetto all’avanguardia per il reinserimento sociale: nel penitenziario di Bollate i primi colloqui per creare un contatto diretto tra aziende e carcerati.

Un lavoro ai detenuti. L’innovativa partnership tra Hunters Group, un’organizzazione specializzata nella selezione di professionisti altamente qualificati, e l’associazione no profit Seconda Chance, che mette in contatto detenuti e aziende, ha dato recentemente vita a un progetto all’avanguardia, volto a fornire una possibilità concreta di reintegro nel tessuto lavorativo, e di conseguenza anche sociale, a chi sta scontando la propria pena in carcere.

In particolare, il quadro che a oggi emerge dal sistema di detenzione italiano è caratterizzato da un tasso di recidiva preoccupante, che si attesta al 75% circa.

In questo scenario, che evidenzia una necessità impellente di interventi strutturati e incisivi, l’istruzione e le opportunità lavorative rappresentano strumenti di fondamentale importanza poiché arricchiscono e valorizzano le abilità dei detenuti, costruendo di fatto le basi per una vita al di fuori del contesto carcerario.

La collaborazione tra Hunters Group e Seconda Chance appare, allora, come un’iniziativa cruciale che, proprio pochi giorni fa, si è concretizzata con l’organizzazione di un Career Day nell’Istituto penitenziario di Bollate.

Durante l’evento, i detenuti hanno avuto l’opportunità di entrare in contatto con Hunters Group e con due aziende in cerca di personale che, attualmente, possono usufruire anche dei benefici della Legge Smuraglia.

Tale legge concede incentivi fiscali alle realtà che assumono detenuti prossimi al completamento della loro pena, offrendogli un’opportunità lavorativa concreta. Una misura legislativa simile non solo incoraggia le aziende ad aprire un ventaglio di possibilità a coloro che si trovano in carcere, ma funge anche da incentivo economico per il reinserimento di questi ultimi nella società.

Seconda Chance è giovane – racconta Flavia Filippi, fondatrice e presidente dell’associazione Seconda Chance – ma è già diventata un punto di riferimento per il mondo degli istituti di pena, dai quali ci scrivono e ci contattano sia i detenuti che i direttori e i funzionari delle aree educative”.

“E’ impossibile trovare un lavoro a tutti i detenuti che ci chiedono aiuto, ma grazie al connubio con Hunters Group siamo certi di entrare in contatto con un gran numero di aziende dotate di quel qualcosa in più che è proprio quello che cerchiamo per diffondere fatti e non parole” spiega ancora.

“Questo progetto – aggiunge Joelle Gallesi, Managing Director di Hunters Group – è, per noi, estremamente importante sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista sociale. Creare un contatto diretto tra aziende e detenuti e dar loro una seconda chance è fondamentale”.

Dottoressa, Gallesi, in che modo è nata la partnership e che tipo di considerazioni sono state fatte da entrambe le parti?

“Il progetto non ha una genesi legata a un’attività benefica, ma nasce da un’esigenza di concretezze. Quello che abbiamo scoperto, andando a incontrare Seconda Chance, è la presenza di persone dotate di grandi competenze, soprattutto di tipo tecnico e tecnologico, nel mondo delle carceri, un mondo con cui fino a quel momento non avevo mai avuto contatti.

La collaborazione nasce quindi dall’idea di andare a sviluppare un progetto laddove fossero presenti queste capacità specifiche, oggi molto richieste nel mondo del lavoro. Seconda Chance si occupa già del rapporto tra carcerati e aziende, ma lo fa su scala 1:1, più ridotta.

Da questo punto di vista, l’apporto di Hunters Group è anche di tipo quantitativo: c’è infatti un ampio range di aziende, di taglio spesso medio-grande, che si appoggiano all’organizzazione per la ricerca di profili già strutturati e dotati di esperienza tecnica e non”.

Nei giorni passati si è tenuto il primo Career Day a Bollate. Come si è svolto e che sensazioni avete avuto?

“Sì, grazie al contatto con il direttore dell’istituto penitenziario di Bollate, siamo stati in grado di organizzare un vero e proprio Career Day, portando così su vasta scala quello che su scala 1:1 può risultare più complesso.

Il Career Day si è sviluppato in una mattinata. Io ero presente insieme alla responsabile delle HR, la quale si è occupata di fare un vero e proprio training ai detenuti, spiegando loro come raccontare e valorizzare il profilo lavorativo.

Il problema, in effetti, non stava tanto nei vari curriculum, ma nella modalità di esposizione. Attraverso dei role play, abbiamo cercato di capire bene la competenza di ciascuno e fare in modo che, in pochi minuti di esposizione, questa potesse emergere, specialmente nel colloquio di gruppo (differente da quello individuale per molti aspetti) previsto dal progetto.

Successivamente sono stati introdotti nell’Istituto i direttori generali e lo staff di due aziende, una in ambito energetico e una che si occupa di noleggio di macchine per carrelli elevatori, gru e altro.

Entrambe hanno raccontato al gruppo, composto da dieci detenuti (oltre il 50% erano italiani e i restanti provenivano da paesi differenti), le loro realtà e le loro esigenze.

Da qui siamo passati alla presentazione di ogni singolo candidato, cui è stata data la possibilità di raccontare la propria esperienza e ricevere delle domande dai responsabili delle HR o dai talent presenti. La selezione si concluderà a settembre con un appuntamento di approfondimento per i detenuti ritenuti più interessanti sotto il profilo professionale.

Devo dire di essere rimasta molto colpita dalla quantità e dalla varietà di competenze che è possibile trovare in questo ambiente. Nelle carceri abbiamo trovato veramente una voglia di lavorare che in altri contesti magari non è così accentuata”.

Chi sono i detenuti con cui interagite?

“Sono persone di età diverse, dai 27 ai 62 anni circa, che rimarranno in carcere, perché hanno delle pene da scontare anche molto lunghe, ma che hanno ricevuto un’autorizzazione dal giudice per poter uscire, con degli orari prestabiliti, e lavorare.

Tutto ciò è possibile grazie alla Legge Smuraglia che, in tal senso, garantisce anche delle condizioni di sicurezza alle aziende”.

La collaborazione con Seconda Chance si inserisce anche all’interno di un ampio progetto di Diversity & Inclusion (D&I) che, come organizzazione, avete abbracciato pienamente…

“Siamo partiti ottenendo una certificazione D&I e poi abbiamo avviato un processo di selezione e ricerca del personale no bias che permette al cliente di garantirsi l’equità.

Lavoriamo, per esempio, con curriculum vitae senza dati sensibili e con colloqui senza telecamere. Per noi è fondamentale garantire uguaglianza di genere sul posto di lavoro, ma non solo.

Tuteliamo le categorie protette e puntiamo sul valore della pluralità culturale. Il mondo della detenzione, spesso lasciato ai margini, diventa allora per noi un tassello in più da includere in un progetto che si apre a qualsiasi tipo di diversità”.

Avete dei piani per il prossimo futuro? Quali sono gli obiettivi per questa fase ancora iniziale della partnership?

“L’idea è quella di replicare il modello su più carceri nelle varie regioni italiane. In particolare, ci stiamo organizzando per il mese di settembre e stiamo lavorando per stabilire un format preciso ed efficiente per le assunzioni.

Dopo il test fatto a Bollate, ci piacerebbe iniziare a coinvolgere almeno quattro o cinque aziende che siano interessate a un inserimento. Cerchiamo di andare, infatti, oltre l’esperienza lavorativa che si può fare all’interno delle carceri stesse e attraverso cui molti detenuti sono probabilmente già passati”.

 

 

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