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15 Febbraio 2024

L’IA rivoluziona le competenze

Sviluppo dell’intelligenza artificiale, tra opportunità e timori, formazione finalizzata a migliorare le competenze, soprattutto digitali, delle risorse umane, particolare attenzione rivolta alla ricerca dei talenti con l’obiettivo di trattenerli in azienda. Sono solo alcune delle principali sfide che attendono le imprese italiane nell’immediato futuro, in un contesto generale in cui si diffonde sempre più il desiderio dei lavoratori di poter contare su una flessibilità in grado di coniugare esigenze personali e familiari con gli impegni professionali. A delineare i tratti dei nuovi scenari del mondo del lavoro sono diversi focus elaborati da società di consulenza all’inizio del nuovo anno.

L’intelligenza artificiale fa paura, anzi no. L’impatto dell’IA sarà sempre più dirompente nel prossimo futuro. Nonostante la percezione iniziale possa essere di preoccupazione, le nuove tecnologie si presentano sempre più come una soluzione alle sfide complesse che le organizzazioni devono affrontare. GoodHabitz ha individuato le best practice da adottare per il successo d’impresa con specifico riferimento alla formazione. In particolare, per incentivare l’apprendimento delle risorse in un contesto così frenetico, la ricerca mostra che i metodi di apprendimento immersivi facilitati dall’IA possono ridurre il tempo dedicato alla formazione del 40%, aumentando contemporaneamente il livello delle prestazioni del 70%. «Investire nell’apprendimento continuo non solo arricchisce le competenze individuali, ma alimenta anche la felicità e la produttività di tutta l’impresa», osserva Paolo Carnovale, direttore di GoodHabitz in Italia. «Una cultura dell’apprendimento solida è il fondamento su cui costruiamo il nostro futuro, consentendo a ciascun membro del team di crescere, prosperare individualmente e contribuire poi al successo collettivo».

A confermare tali trend sono gli esiti dell’annuale indagine «Transformations, skills and learning» condotta dal gruppo Cegos secondo cui per un responsabile delle risorse umane su due l’IA e i big data rivoluzioneranno il modo di lavorare e le tecniche di apprendimento con il 63% dei manager delle HR che sta pensando di utilizzare l’IA per personalizzare i corsi ma con il solo 10% che l’ha già impiegata come risorsa formativa. «La nostra ricerca fa emergere, in coerenza con quanto rilevato negli ultimi anni, l’importanza di adattare le competenze alle sfide della trasformazione digitale», commenta Alessandro Reati, responsabile HR Business Practice di Cegos Italia. «Per realizzare questo obiettivo, è fondamentale spiegare chiaramente il tema, sviluppare abilità pratiche nell’uso delle tecnologie e applicare direttamente queste conoscenze all’operatività aziendale. Le soluzioni basate sull’AI iniziano ad apparire come leve nel mondo organizzativo».

Dalla lettura del rapporto emerge che il 48% dei responsabili HR individua nell’IA e nei big data e nei nuovi modi di lavorare (40%) i fattori di maggior impatto sull’organizzazione in termini di sviluppo di competenze mentre il 74% dei dipendenti (+7 punti percentuali rispetto al 2022) ritiene che le attuali sfide della trasformazione cambieranno il contenuto del loro lavoro, con un terzo del campione che esprime apprensione riguardo la potenziale scomparsa del proprio impiego. Tuttavia, sebbene quattro dipendenti su dieci dichiarino di sentirsi sopraffatti dalla tecnologia (+8% rispetto al 2022), il 79% dei lavoratori italiani ha espresso un sentimento contrario.

Non mancano, quindi, dubbi e timori sulle nuove tecnologie e la domanda spesso ricorrente è se l’IA creerà o eliminerà posti di lavoro. Una risposta arriva dal focus curato dall’osservatorio di Hunters Group in base al quale le opportunità professionali cresceranno del 10% grazie all’intelligenza artificiale. In particolare, nei prossimi mesi le aziende cercheranno soprattutto AI Engineer, AI Architect, Data scientist e Machine Learning Engineer. La vera sfida, quindi, sarà formare le persone e capire come sfruttare al meglio le quasi infinite potenzialità della tecnologia. «Questa rivoluzione, come spesso è accaduto con altre novità, spaventa molti lavoratori, ma la realtà è decisamente diversa e, per certi versi, più confortante: l’AI genererà nuove opportunità di lavoro per coloro che sapranno aggiornare le proprie competenze», evidenzia Silvia Movio, Director di Hunters, brand di Hunters Group. «Io credo, infatti, che il vero problema del mercato del lavoro dei prossimi anni sarà il mismatch, ovvero la mancanza di allineamento tra persone in cerca di un’occupazione e i posti vacanti e per colmare questa distanza dovremo necessariamente riqualificare la forza lavoro e puntare moltissimo sulla formazione».

Come attrarre e trattenere i talenti. In tale contesto, un focus particolare è rivolto ai Millennials e alla Gen Z-ers, molto attenti ai valori e alla mission dell’azienda per cui lavorano. Entrare a far parte di ambienti inclusivi e stimolanti è per i giovani talenti una priorità. I risultati della sesta edizione dell’indagine «Le leve del talent management nell’era del quiet quitting e del job hopping» realizzata da Inaz, in collaborazione con Business International, indicano che il 18,6% delle imprese riserva al talent management una funzione specifica e separata, il 36,52% dedica al tema un’attenzione parziale, mentre un terzo delle aziende fa attività di brand reputation per la talent attraction e la talent retention, utilizzando leve quali la sostenibilità, la D&I, un ambiente di lavoro piacevole e che include la diversità e, infine, la crescita delle soft skill. Per migliorare il benessere dei talenti le aziende si dimostrano concentrate sulla formazione (32,65% delle risposte), mentre il 19,39% considera anche leve come il coaching e il supporto psicologico per i propri talenti. «Tutti i temi e le dimensioni di indagine prese in esame mettono sotto i riflettori e, quindi, al centro dell’attenzione, la necessità di creare un ambiente lavorativo più soddisfacente, più attento, capace di prendersi cura delle persone e di cui si possano condividere i valori» spiegano i curatori della ricerca, Danila Scarozza e Maurizio Decastri. «E’ su questo terreno che le imprese italiane dovranno lavorare per non rimanere indietro e avere le risorse adeguate, ovvero i talenti giusti, per rimanere competitive. La ricerca sottolinea quanto sia importante costruire concretamente un contesto di lavoro in cui si presta fortemente attenzione alla qualità del clima interno, al welfare aziendale, alla tutela di aspetti quali l’inclusione, la gender equality, fino alla valutazione dei valori aziendali e del suo impatto nella società e sull’ambiente».

 

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