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01 Aprile 2021

Smart working per smart energy companies

SI STIMA CHE, AL TERMINE DELL’EMERGENZA, I LAVORATORI AGILI CHE OPERERANNO ALMENO IN PARTE IN REMOTE WORKING SARANNO COMPLESSIVAMENTE 5,35 MILIONI. QUESTA NUOVA MODALITÀ RICHIEDE LA CAPACITÀ, DI CONIUGARE LE COMPETENZE TECNOLOGICHE CON QUELLE PERSONALI E ORGANIZZATIVE.

a cura di Hunters Group

Il termine smart working, e con esso lo smart management, sono entrati ormai a pieno regime tra le espressioni più ricorrenti nel linguaggio aziendale, in particolare dalla passata primavera e l’inizio della pandemia. Tuttavia il settore Energy, attraverso i codici Ateco che hanno permesso in una prima fase di lockdown di continuare nella normale attività lavorativa, è sembrato inizialmente il meno impattato dal nuovo sistema lavorativo, divenuto l’unico per moltissime imprese. Diverso è invece stato l’impatto delle fasi successive, che hanno previsto una revisione dell’approccio organizzativo anche dei settori in prima battuta non colpiti, sia per motivazioni cautelative nei confronti del virus, sia per l’inclusione di modalità di lavoro agili e ottimizzanti. A causa dell’emergenza pandemica, anche le aziende non avvezze al remote working si sono dovute adattare a questa nuova realtà nel giro di pochissimi giorni, ripianificando le attività e cambiando radicalmente la gestione dell’operatività e dei team.

UNA NUOVA NORMALITÀ
Secondo una recente ricerca condotta dall’Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano, durante la fase più acuta dell’emergenza coronavirus, il remote working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle Pubbliche Amministrazioni e il 58% delle Pmi, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili (un dato oltre dieci volte più alto dei 570 mila censiti nel 2019). Si stima che, al termine dell’emergenza, i lavoratori agili che lavoreranno almeno in parte in remote working saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920 mila nelle Pmi, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nelle Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di una nuova normalità che non possiamo non considerare: fino al 76% degli impiegati globali sarebbe desideroso di continuare a lavorare da casa, anche pochi giorni alla settimana, anche quando le distanze sociali non saranno più obbligatorie. Indipendentemente dal fatto che queste stime vengano confermate, il nuovo paradigma del lavoro da casa avrà notevoli impatti anche a livello sociale, ambientale ed aziendale. Pensiamo ad esempio, al numero di auto che non congestioneranno le nostre strade, ma anche alla diminuzione dei costi di gestione degli uffici. Tutte tematiche oggetto d’attenzione delle società operanti in ambito energy.

«Lavoro a distanza e lavoro da casa portano allo stesso risultato: la possibilità di lavorare lontano dall’ufficio. Una condizione che richiede un cambio di mentalità, sia da parte dei lavoratori sia da parte delle aziende», spiega Joelle Gallesi, managing director di Hunters Group. «Ai primi sono richiesti un solido atteggiamento imprenditoriale, la capacità di organizzarsi e di gestire il tempo, ma anche una buona dose di competenze tecnologiche per usare efficacemente i nuovi strumenti di lavoro. Alle aziende, invece, sono richiesti una sempre maggiore flessibilità, una maggiore sicurezza informativa e una serie di soluzioni adeguate al fine di portare avanti il lavoro virtuale e nuove soluzioni per lo scambio di informazioni/ comunicazioni e per svolgere riunioni virtuali quando necessario».

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