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07 Marzo 2024

Le aziende certificate spiccano il volo

Di Fabio Sottocornola 

Vola il numero delle imprese italiane che ha ottenuto la certificazione per la parità di genere. Sono 1.480 le aziende con il Bollino blu dell’equità, secondo i dati del Dipartimento Pari opportunità, mentre a fine 2022  se ne contavano meno di 70. Lo stesso vale per i siti produttivi, gli impianti industriali o gli stabilimenti (3.838 contro 323). Insomma, il meccanismo che era partito all’inizio con qualche difficoltà per via delle procedure burocratiche, oggi sta girando veloce. Tanto che, virtualmente, l’Italia ha già centrato gli obiettivi del Pnnr concordati con la Commissione europea di almeno 800 aziende certificate ma, fanno sapere dallo stesso Dipartimento, il traguardo «non si può considerare formalmente raggiunto in quanto non ancora rendicontato» a Bruxelles. 

Almeno il 6 in pagella 

Oggi il percorso è chiaro, La società pubblica o privata che vuole la certificazione deve ottenere nella pagella un punteggio minino (60 su 100) in uno scrutinio rispetto a 33 indicatori che riguardano tra gli altri, la crescita e l’inclusione delle donne sul posto di lavoro, la tutela dell’essere genitori, la parità retributiva oltre alla cultura e alla governance. Raddoppia anche il numero degli organismi di certificazione (47 oggi contro 23 alla fine del 2022) che operano con l’autorizzazione di Accredia (ente pubblico titolato a promuovere i valutatori). Quanto alle società e per rimanere alle più grandi dall’inizio di quest’anno ci sono i casi L’Oreal, Medtronic, Boston Consulting group impegnato a un recruiting al 50% tra i generi (nel 2023 erano donne oltre la metà delle nuove assunzioni) e poi Amundi, Banca Monte Paschi, il gruppo Cofra ( gestisce punti vendita a marchio Conad e Bricofer) che vuole tenere monitorata la situazione interna. 

Questo è un aspetto fondamentale dal momento che il Bollino blu non è assegnato per sempre. Il meccanismo prevedere revisioni periodiche e una sorta di manutenzione della parità di genere. E come succede a scuola, il voto può cambiare. In meglio (a 91 da 83 di partenza) nel caso di Hunters Group, società di cacciatori di teste e consulenti in risorse umane. 

«Conoscevamo i nostri punti di forza e le aree di miglioramento. Tra i primi, i livelli retributivi già equi e la presenza di donne manager. Ma abbiamo operato meglio sulle policy rendendole più esplicite e sui piani futuri di assunzione», racconta Joelle Gallesi Managing Director del gruppo che (ovviamente) non nasconde l’ambizione di arrivare a toccare quota 100. Come si fa? «Puntiamo sulla formazione e vogliamo farci aiutare da un legale esterno nel ruolo di tutor in eventuali casi di discriminazioni (la figura del whistleblowing, ndr). Anche se, ci tengo a dirlo, da noi non è mai successo niente del genere». 

 

→ Leggi l’articolo completo su Corriere della Sera

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