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05 Gennaio 2019

Usare il problem solving sul lavoro (con filosofia)

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”

Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!”

Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace.

Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!”

Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace.

Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”

“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.

3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone.

Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”

Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.

2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi.
Vediamo come!

1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

La rapida evoluzione dei mercati e dell’economia presenta un rischio: ignorare il fattore umano, psicologico e sociale. Spesso si prediligono infatti calcoli economici e proiezioni statistiche, senza tenere in considerazione le azioni dell’individuo e i tentativi messi in atto per rimediare ad un problema. In una realtà così mutevole e poco prevedibile, diventa di primaria importanza la gestione delle persone e degli eventi. Vediamo come!
1. “Tutta la vita è risolvere problemi​”
Come usare il problem solving sul lavoro? In azienda, la gestione di persone ed eventi può essere messa in atto dal Manager, che si pone nel ruolo di esperto di comunicazione e problem solving​. Un efficace business plan parte infatti dalla ricerca della qualità attraverso la risoluzione dei problemi, oltre che dalla focalizzazione sulla comunicazione tra le persone. Gli studi dell’American Economic Association hanno evidenziato che il 93% dei Manager di tutto il mondo considera le competenze comunicative e la capacità di problem solving come elementi indispensabili per il loro lavoro quotidiano. Da ciò si deduce che un’attenzione costante alle dinamiche relazionali in azienda – e un altrettanto efficace percorso di formazione – consentano a ciascun lavoratore di comprendere a fondo la cultura organizzativa della società per cui lavora. Inoltre il dipendente viene coinvolto e responsabilizzato senza dover ricorrere ad interventi esterni di motivazione al lavoro per una buona produttività dell’organizzazione. Come sostiene Karl Popper, “​tutta la vita è risolvere problemi​”: la vita aziendale non fa eccezione.
2. Il “paradosso del lampione”
“Un uomo ubriaco, una sera, aveva perso la chiave di casa e la stava cercando sotto un lampione, senza trovarla. Continuò ad insistere senza successo fino a quando un passante gentile, che si era messo ad aiutarlo, gli chiese: “Ma sei sicuro di averla persa proprio qui?” – “No”, rispose lui, “ma là dove l’ho persa, è troppo buio per cercarla!” Il “paradosso del lampione” (da Istruzioni per rendersi infelici, Paul Watzlawick), descrive la strategia che per prima utilizziamo di fronte ad un problema, ovvero quella che ha funzionato in passato per problemi analoghi. In questo caso, se la strategia è funzionale la difficoltà si risolve in breve tempo. Di fronte all’insuccesso, invece, piuttosto che ricorrere a risoluzioni alternative si tende ad applicare con maggior vigore la strategia iniziale, nell’illusione di renderla efficace. Come invece affrontare una situazione problematica in maniera ​strategica? Il primo passo verso la soluzione di un problema è definire in maniera più descrittiva e concreta possibile i suoi termini. chi è coinvolto, dove si verifica, quando si verifica, come funziona. Ciò significa descrivere in modo preciso le caratteristiche della situazione fino ad avere un’immagine concreta del problema stesso. Molto spesso si tende a saltare questa fase ritenendola ovvia, ma non è così: questo passaggio evita di rimanere vittime dei propri preconcetti e limiti percettivi. Se si ha troppa fretta, il rischio è quello ben rappresentato dal paradosso del lampione.
3. “La causa principale dei nostri errori sono i pregiudizi”
Nei​ Principi della filosofia, Cartesio scrive che “la causa primaria e principale dei nostri errori sono i pregiudizi […], la seconda è che non possiamo dimenticare questi pregiudizi”. Questo accade perché vi è la tendenza a vedere nella realtà ciò che conferma le nostre sensazioni e idee: è il principio dell’autoinganno​. A causa di questo fenomeno l’individuo tende ad avvicinare la realtà ai propri desideri e convinzioni piuttosto che analizzarla con maggior distacco. Per questo motivo, come Ulisse si legò all’albero maestro della sua nave per non essere inevitabilmente attratto dal richiamo delle sirene, allo stesso modo bisogna far sì che la mente non deragli nella definizione del problema cadendo vittima di pregiudizi e autoinganni. Come usare il problem solving sul posto di lavoro? Come viviamo, ad esempio, il rapporto con un collega non proprio disponibile a collaborare? Agire strategicamente vuol dire descrivere quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema sia stato risolto. Bisogna infine individuare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema in questione, comportamenti che non fanno altro che alimentarlo!   Leggi anche: Smart working: quando la tecnologia ci “rende umani” Colloquio di lavoro: convincere con il linguaggio non verbale Training, assessment e coaching: migliorare la propria impresa   → Il blog di Hunters Group: news dal mercato, consigli sul lavoro, notizie sulla vita aziendale

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